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“Il cambiamento è inevitabile, la crescita personale una scelta”

Bob Procter

Sempre più ragazze e ragazzi che scelgono volontariamente di ritirarsi in casa. Giovani e giovani adulti autoreclusi che decidono di tenere, apparentemente, la loro vita in sospeso. Di che cosa stiamo parlando?

Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione del fenomeno degli hikikomori; ragazze e ragazzi che scelgono di recludersi in casa o nelle proprie camere. Questa problematica ha origine in Giappone e si stima che in Italia ci siano oltre centoventimila casi, la maggior parte riguarda ragazzi che iniziano l’autoreclusione intorno ai 15 anni (solitamente durante il biennio delle scuole superiori). Hikikomori significa letteralmente “stare in disparte”: sono quindi giovani e giovanissimi che si isolano e che chiudono le loro relazioni con il mondo esterno creando in casa, o nella loro camera, il loro nuovo  mondo.

I cosiddetti NEET (neither in employment or in education or training), sono ragazze e ragazzi di età compresa tra i 18 e i 30 anni che non studiano, non fanno tirocini e non lavorano. Stando agli ultimi aggiornamenti a fine 2020, in Italia, i NEET erano circa 3.047.000, in percentuale, si tratta del 25,1% dei giovani italiani, poco più di 1 ragazzo su 4.
Attenzione, non sono ragazze e ragazzi pigri o svogliati: sono ragazzi bloccati in una fase delicata della loro vita e, anche se spesso non si vede, sono impegnati a cercare di trovare un loro posto nel mondo.

Il gaming disorder, meglio conosciuto come “la dipendenza da videogiochi”, è un problema che sta iniziando a diffondersi tra giovani e adolescenti. È sempre necessario però valutare bene la situazione onde evitare di patologizzare il ragazzo o la ragazza in maniera impropria. Si può sviluppare una dipendenza da videogiochi, ma non tutti i videogiocatori sono dipendenti.

Negli ultimi anni, complice la capillare diffusione di smartphone e tablet, l’accesso alla rete è diventato istantaneo, facile, frequente e sempre più precoce. Tali caratteristiche facilitano enormemente le nostre attività quotidiane, personali e lavorative, ma amplificano i pericoli insiti in questa tecnologia. Oggigiorno è abbastanza comune che già alla classe quarta della scuola primaria i bambini abbiano uno smartphone e che possano quindi accedere ai social network (WhatsApp, Instagram e Tik Tok) e che giochino ai videogiochi.

Internet è una parte del nostro mondo. Come insegna Luciano Floridi tutti noi viviamo ONLIFE: cioè viviamo in un mondo che è reale e virtuale contemporaneamente perché queste due realtà sono ormai indistinguibili.

Le implicazioni sociali e psicologiche di questa rivoluzione sono state e sono tuttora enormi.

Risulta pertanto difficile comprendere quando un giovane o un giovanissimo ha sviluppato un problema legato a Internet o ai videogiochi: quando si parla di nuova normalità e quando di dipendenza?

L’adolescenza è una fase delicata della crescita che sancisce la fine dell’infanzia. Questo tempo è caratterizzato da domande importanti e delicate, come: chi sono? Chi voglio diventare? Quali sono i miei valori?

Il termine crisi significa infatti “scelta, decisione” ma anche “distinguere, giudicare”. proprio per questo l’adolescente vive in maniera quasi naturale la fase di crisi, perché è intrinseco in questo periodo della vita il fatto di imparare a scegliere, a decidere con autonomia.

Diventare grandi non è facile, è un percorso che per alcuni richiede molti cambiamenti, fatica e sforzo. Davanti a tutto ciò può capitare che ci si blocchi, che si faccia più fatica e che si abbia il desiderio di portare tutto questo a un professionista che possa vedere dall’esterno la situazione e che possa aiutare a sbloccare la fase di crisi.